Faramondo, Venezia, Nicolini, 1699

 ATTO PRIMO
 
 Stanza di Rosimonda con letto.
 
 SCENA PRIMA
 
 ROSIMONDA che assisa sul letto sostiene SVENO moribondo
 
 ROSIMONDA
 Sveno, germano. O dio!
 SVENO
                                              Moro e ti chiede
 l’ultima sorte mia sangue e non pianto.
 Sì quel di Faramondo,
 de l’iniquo uccisor...
 ROSIMONDA
                                        L’avrai, tel giuro.
5Uditemi, o del cielo, o de l’Averno
 numi temuti, odimi, o Stige, a Giove
 nome ancor sacro, e tu, bell’alma, ancora
 nel proprio sangue avvolta,
 esci più tarda e ’l giuramento ascolta.
10Orribile vendetta
 farò di chi ti uccise.
 Placherò la grand’ombra
 col sangue suo. Lo seguirò spietata
 sino al duro, a l’estremo
15de’ suoi giorni o de’ miei fatal momento.
 SVENO
 Rosimonda, già udii; moro contento.
 ROSIMONDA
 Sveno, Sveno! Ei spirò. Già tutto passa
 dal cadavere esangue
 nel mio seno il furor. L’infausto oggetto
20mi si tolga dagli occhi. (Si chiudono le cortine del letto)
 Abbastanza son piena
 de l’ira mia... Ma che mi giova un giusto
 impotente furor? Già Sveno ucciso,
 la città presa, il genitor lontano,
25che far poss’io?
 
 SCENA II
 
 CHILDERICO esce da una porta difendendosi da’ soldati di Faramondo, poi dall’altra vien FARAMONDO con seguito e ROSIMONDA in disparte
 
 CHILDERICO
                               Sinché abbia spirto e vita
 del mio sen farò scudo a Rosimonda.
 ROSIMONDA
 (Che fia?)
 FARAMONDO
                      Tanto ne l’ira? Olà, soldati,
 gettinsi l’armi; e tu, guerrier, se a sdegno
 per man d’un tuo nemico
30non hai la vita, ei te la lascia in dono.
 Un re ti salva e Faramondo io sono.
 ROSIMONDA
 (Che udii?)
 CHILDERICO
                         Gran re de’ Franchi...
 ROSIMONDA
                                                                  A me quel ferro, (Avanzandosi)
 che del sangue real sol reso ingordo
 il vassallo rifiuta,
35barbaro Faramondo, a me rivolgi.
 Vive ancora in quest’alma
 una parte di Sveno. In Rosimonda
 ciò che resta trafiggi.
 FARAMONDO
 Tu Rosimonda?
 CHILDERICO
                                (Impallidisce).
 ROSIMONDA
                                                              E quando,
40in che, dimmi ti offesi?
 Quando mossero i Cimbri
 guerra a’ tuoi regni? E quando,
 ne le vene de’ Franchi,
 andarsi a dissetar l’aste boemme?
45Dillo, spietato. Alma a le stragi avvezza
 de la sua crudeltà non ha rossore.
 FARAMONDO
 (A fronte di quegli occhi io perdo il core).
 ROSIMONDA
 Parla; che dir potrai? Che t’ha costretto
 di Rosimonda e di Gustavo a’ danni
50l’amistà di Gernando?
 Su, compisci i suoi voti,
 compisci i tuoi. Fa’ pur ch’io cada esangue.
 Servi a l’empio Gernando.
 Non puoi dargli il mio cor; dagli il mio sangue.
 FARAMONDO
55Principessa, son reo. Ma reo pentito.
 Non è l’averti offesa,
 non è fallo cui debba
 cercar discolpa; e se l’avessi ancora,
 la tacerei, per non lasciarti ingiusta.
60O potesse il mio sangue
 risarcire i tuoi danni!
 Pur se non posso i mali,
 soddisferò la tua vendetta almeno;
 e placherò morendo
65forse con l’odio tuo l’ombra di Sveno.
 CHILDERICO
 (Desta pietà).
 ROSIMONDA
                             Sì, la tua morte i’ chiedo;
 ma la chiedo al mio cor, non al tuo braccio.
 Va’, misero, e l’attendi
 dall’odio mio. Quel volto
70senza pena mirar più non mi lice.
 Va’ né turbar più almeno
 quel riposo che resta a un’infelice.
 
    Più crudel negli occhi tuoi
 mi si rende il mio dolor.
 
75   Sento già che ’l fier tiranno
 tu sarai del mio riposo;
 e in mirarti un novo affanno
 turba i sensi e passa al cor .
 
 SCENA III
 
 FARAMONDO e CHILDERICO
 
 FARAMONDO
 Faramondo infelice!
 CHILDERICO
80Signor, traggi ne’ mali
 virtù dal tuo gran cor.
 FARAMONDO
                                          Deh. se ti prende
 pietà delle mie pene, a Rosimonda
 vanne e in dirle il mio duol servi al suo sdegno.
 Chi sa ch’io non le renda
85la libertade e ’l regno? A questa sola
 speranza vivo; e nel martir che sento,
 Rosimonda a lei deve un gran contento.
 CHILDERICO
 
    Spera sì ma di placar
 quel destin che t’è spietato.
 
90   Cor non uso a paventar,
 spesso a forza di costanza,
 cangia i numi e vince il fato.
 
 SCENA IV
 
 FARAMONDO
 
 FARAMONDO
 Siam soli, o cor. Dimmi, che affetto è ’l tuo?
 D’una beltà nemica,
95che giurò la tua morte, a che t’invogli?
 Ti spaventi, infelice,
 l’odio di Rosimonda,
 l’amistà di Gernando.
 Aimè! Che ’l non amarla
100non è più ’n tuo poter, misero core.
 Dolce amico, perdona.
 Quando è destin, non è delitto amore.
 Amerò ma qual devo.
 Tuo rival senza speme e senza voti
105ti sarò forse oggetto
 di pietà più che d’ira. E benché il seno
 tanto affanno a soffrir sia troppo angusto,
 ne l’amar Rosimonda
 misero lo vedrai ma non ingiusto.
 
110   Amo chi mi vuol morto;
 l’amico mi è rivale.
 Speranza di conforto
 in me sei colpa.
 
    Pietà non chiedo al duolo;
115l’esser misero solo
 è mia discolpa.
 
 SCENA V
 
 GERNANDO e FARAMONDO
 
 GERNANDO
 Faramondo, al tuo braccio
 prima dovea la libertade e ’l regno.
 Oggi devo assai più. Devo l’acquisto
120di Rosimonda.
 FARAMONDO
                              In tuo poter, Gernando,
 l’armi e ’l fato l’han posta. Il più ti resta
 ora a compir. Devi espugnarne il core.
 GERNANDO
 Lo faran mio necessitade e amore.
 FARAMONDO
 In cor plebeo sveglia la tema affetti,
125odi in alma real. Gernando, amico,
 se ti è caro il riposo
 del tuo core e del mio, se amor tu cerchi
 da quel di Rosimonda...
 GERNANDO
 Che far degg’io?
 FARAMONDO
                                 Tenta placarne il duolo,
130mitigarne lo sdegno.
 GERNANDO
 Come?
 FARAMONDO
                 La libertà rendile e ’l regno.
 GERNANDO
 Ah crudel! Qual consiglio?
 FARAMONDO
                                                  Il so, Gernando,
 crudel sembro e son giusto. O qual poc’anzi
 qui la vidi ancor sparsa
135de la morte fraterna!
 D’un sì funesto oggetto
 non t’invogli il desio. Ripara a tempo
 generoso i suoi mali; e men che puoi
 colpevol ti presenta agli occhi suoi.
 GERNANDO
140Per acquisto sì caro
 che non tentai? Che non soffersi? Il regno
 torni de’ Cimbri al suo signor; gliel rendo;
 ma ch’io lasci il possesso
 di Rosimonda? Amico, o tu ti penti
145de l’antica amistade o tu mi tenti.
 FARAMONDO
 Tolga il ciel che a le sacre
 leggi manchi quest’alma. Aver mi duole
 offesa Rosimonda,
 non servito a Gernando.
 GERNANDO
                                               Ah Faramondo,
150dubito de’ tuoi casi e intendo i miei.
 O tu nemico o tu rival mi sei.
 FARAMONDO
 (Aimè!)
 GERNANDO
                   Ti turbi?
 FARAMONDO
                                      Io l’amo; a che niegarlo?
 Ma l’amo d’un amor che non t’offende.
 Rendila al padre; ed io
155più non vedrolla; il giuro a’ numi e ’l giuro...
 GERNANDO
 Non dà fede quest’alma a cor spergiuro.
 Saprà il ferro e la vita
 serbarmi Rosimonda.
 FARAMONDO
 Tua la renda l’amor.
 GERNANDO
                                        Leggi non prendo
160da un mio rival. Già da quest’ora obblio
 un’amistà che hai tu primiero infranta.
 E perché a te risparmi
 più rossori il pensier, più pene il core,
 ti lascio in libertà di non amarmi.
 FARAMONDO
165Qual fu sarà quest’alma
 anche in onta d’amor. Nulla ti chiedo
 che l’amistade offenda.
 Chiedo sol che tu renda
 la libertade a Rosimonda.
 GERNANDO
                                                 Il prezzo
170ne sarà il nostro sangue.
 FARAMONDO
                                               Addio, Gernando.
 Vo’ doverla al tuo cor, non al mio brando.
 
    Son rival, non infedele;
 e sol chiedo, al caro bene,
 che tu renda libertà.
 
175   Con lasciarlo in tante pene
 tu gl’insegni crudeltà.
 
 SCENA VI
 
 GERNANDO
 
 GERNANDO
 Va’ pur; prevenirò gli empi disegni.
 Col tuo morir mi si assicuri un dono
 che m’han fatto gli dei.
180Questa vittima forse
 piacerà a Rosimonda; e una vendetta
 saprà forse ragion farmi in quel core.
 Si affretti; e un colpo solo
 non men che a l’odio suo serva al mio amore.
 
185   Alma tradita,
 col vendicarti
 vo’ consolarti.
 
    L’esempio imita
 d’un infedele;
190e col rimorso
 d’esser crudele
 non spaventarti.
 
 Recinto d’alti cipressi dedicato alla vendetta, tutto illuminato da notte, con apparato ed ara nel mezzo.
 
 SCENA VII
 
 GUSTAVO, ADOLFO e seguito
 
 GUSTAVO
 Del tasso infausto e del feral cipresso
 si alimenti la fiamma. Ecco da l’urna
195questo latte vi spargo
 misto col sangue; indi la destra e ’l ferro
 de le vittime uccise
 nel seno immergo e ’l cor ne getto al foco.
 Popoli, figlio, in basse note e meste
200accompagnate intanto
 d’un re, d’un padre il sacrifizio e i voti.
 ADOLFO
 (L’infelice amor mio vi versa il pianto).
 GUSTAVO
 Ascolta, o dagli Elisi, ove passeggi,
 ombra ancor sanguinosa, ancora inulta,
205ciò che a quest’ara, a questo nume io giuro,
 padre, re, sacerdote, ascolta, o figlio.
 E tu, dea che d’Averno
 l’ombre flagelli e se’ di pianto e d’ira
 severa, inesorabile ministra,
210la face irrita, il ferro scuoti e attento
 porgi l’alto tuo nume al giuramento.
 Al crudel Faramondo, a chi m’uccise
 ne la vita d’un figlio,
 perpetua guerra, orrida morte io giuro.
215Cada l’empia cervice e penda il capo
 da fatal asta, orrido oggetto agli occhi
 de la plebe minor; l’ossa insepolte
 calchi rustico piede
 e a le ceneri sue l’urna si nieghi.
220Già da quest’ora l’uccisor felice,
 che l’esecrabil testa
 tronchi dal busto e a me la rechi in dono,
 avrà di Rosimonda
 le nozze, il giuro, e avrà de’ Cimbri il trono.
 ADOLFO
225Crudel promessa e ria!
 Tu giuri l’altrui morte e vuoi la mia.
 
 SCENA VIII
 
 TEOBALDO e li suddetti
 
 TEOBALDO
 Mio re, pronta qui veggo
 l’orrida pompa; e solo
 manca la degna vittima; io la reco.
 GUSTAVO
230Teobaldo, il sangue solo
 chiedon Sveno e Gustavo
 di Faramondo.
 TEOBALDO
                              E del suo sangue ha questa
 non poca parte. Ella è Clotilde.
 ADOLFO
                                                          (O dio!)
 TEOBALDO
 Sorella a Faramondo.
 ADOLFO
                                          (E l’idol mio).
 TEOBALDO
235Prigioniera poc’anzi entro al suo campo
 la feci; al furto arrise
 la densa notte e ’l franco
 da la vittoria sua reso men cauto.
 GUSTAVO
 Qui la guida, Teobaldo; il sacrifizio (Teobaldo parte)
240piacque a la dea. L’ombra di Sveno attende
 più vittime da un padre.
 ADOLFO
 Ed è vero, o signor? Che di crudele
 volgi ne l’ira tua? Sangue innocente
 ne le vene ha Clotilde.
 GUSTAVO
245Sorella a Faramondo ha una gran colpa,
 la purghi col morir.
 ADOLFO
                                      Nel minor sesso
 infierir è viltà.
 GUSTAVO
                              Quand’ella è giusta
 nol distingue vendetta.
 ADOLFO
                                             Ah del nemico
 Rosimonda è in poter. Potrà su lei
250Faramondo punirti.
 GUSTAVO
 Le saranno di scudo
 con l’amor di Gernando uomini e dei.
 ADOLFO
 Padre, re. Se il mio pianto...
 GUSTAVO
                                                     Invan tu cerchi
 salvar Clotilde; il so che l’ami, Adolfo,
255e ’l tuo amor la fa rea d’un’altra e forse
 non minor colpa. Olà, ministri, il fuoco
 si purghi e l’ara. Assai più degna è questa
 vittima per la dea.
 ADOLFO
                                     S’ami ch’io viva,
 sire, sospendi ancora
260un sì colpo fatal.
 GUSTAVO
                                 Clotilde mora.
 
 SCENA IX
 
 CLOTILDE con TEOBALDO e li suddetti
 
 CLOTILDE
 Mora Clotilde pur. Nulla mi arriva
 improviso il morir. Dal primo istante
 che cadei ne’ tuoi ceppi,
 tutto il previdi e men feroce il resi
265con mirarlo da lungi; ecco, Gustavo,
 con intrepida fronte
 ti presento il mio sen, ti faccio core.
 Non m’aspettar men forte,
 che il piacer non avrai del mio timore.
 ADOLFO
270(Preservatela, o numi).
 TEOBALDO
 Questa virtù di Sveno
 giovi l’ombra a placar. Se gli anni e ’l sesso
 ti fan pietade, io stesso
 sarò il ministro, io darò il colpo.
 ADOLFO
                                                            Iniquo!
 CLOTILDE
275Morì Sveno, o Gustavo,
 per man di Faramondo.
 Per tua mora Clotilde e ’l regal ferro
 vendichi il regio sangue.
 TEOBALDO
 Che più badi, Gustavo?
280Cotesta tua pietade è intempestiva.
 GUSTAVO
 O mia sorte crudel! Clotilde viva.
 TEOBALDO
 Ah se in petto a Gustavo ira vien meno,
 a me si serba il vendicarti, o Sveno.
 
 SCENA X
 
 ADOLFO e CLOTILDE con guardie
 
 ADOLFO
 Siam pur fuori, o Clotilde,
285tu di rischio, io di tema; e appena il credo.
 CLOTILDE
 Adolfo, in così strano
 giro di casi esser può mai che ’l core
 per me serbi innocente? Avrai tu stesso
 sparsi per la mia morte i voti al cielo?
 ADOLFO
290Può ben rabbia di stelle
 turbare i regni e por sossopra il mondo,
 non mai cangiarmi ’l cor, far ch’io non t’ami.
 CLOTILDE
 Di quell’amor, che mi giurasti un tempo
 ne la mia reggia, un testimon più caro
295rendimi in Faramondo. A tante spade,
 che vorran la sua morte,
 non aggiugner la tua.
 ADOLFO
                                         Con questo petto
 gli farò scudo anche del padre ad onta.
 CLOTILDE
 Di quest’orrido luoco
300fuggo la fatal vista. Adolfo, addio.
 Serba a te in Faramondo anche il cor mio.
 
    Conoscerò se brami
 che t’ami questo cor.
 
    In man de la tua fede
305egli ti giura amor.
 
 SCENA XI
 
 ADOLFO
 
 ADOLFO
 Perdoni a l’amor mio Sveno trafitto.
 La vendetta ch’ei chiede
 in ogn’altro è giustizia, in me delitto.
 
    Chi ben ama ogni altro affetto
310vuol che ceda e ’l fa tacer.
 
    Nel disio del caro oggetto
 trova solo il suo piacer.
 
 Cortile interno che porta alle stanze di Rosimonda. Giorno.
 
 SCENA XII
 
 ROSIMONDA
 
 ROSIMONDA
 
    Cor mio, non intendo.
 Vien meno il furore,
315il duol va crescendo.
 
    Giurasti vendetta
 né forte ti sento.
 Crudel ti pavento
 e vil non ti attendo.
 
320Pur giusto è l’odio mio. Chi lo disarma?
 Qual non inteso affetto
 turba l’idea? Si oppone a’ voti? E parla
 a pro di Faramondo?
 Che sarà mai? S’egli è pietade, è ingiusto,
325vil s’è timor. Qualunque ei sia, da l’alma,
 Rosimonda, il rigetta. O dio! Resisto;
 tutta l’alma v’impiego; ed ei non tace.
 Faramondo crudel, lasciami in pace.
 
 SCENA XIII
 
 GERNANDO e ROSIMONDA
 
 GERNANDO
 Principessa, in vedermi
330l’ire sospendi. Io l’ho temute e volli
 prevenirle più giusto.
 ROSIMONDA
 Da la man che li fece, i mali miei
 non attendon conforto
 e ’l rifiutano ancor. Per te, Gernando,
335Rosimonda è cattiva e Sveno è morto.
 GERNANDO
 Ben sai qual ne sia ’l reo.
 ROSIMONDA
 Quel cui giova il delitto autor n’è ancora.
 GERNANDO
 Faramondo l’uccise.
 ROSIMONDA
                                       E Faramondo
 si punirà.
 GERNANDO
                     Già da quest’ora ei cadde
340da più colpi trafitto.
 ROSIMONDA
 Che? Faramondo estinto?
 GERNANDO
 D’alorch’ei Sveno uccise, a te nemico,
 meritò l’odio tuo.
 E d’alor che te vide, a me rivale
345anche il mio meritò. Col farsi ingiusto
 poté farmi crudel. Ma nel suo sangue
 cercai, più che la mia, la tua vendetta.
 De l’amor di Gernando è degno il colpo.
 Rosimonda, io te l’offro e tu l’accetta.
 ROSIMONDA
350Che i tuoi delitti approvi?
 Che li gradisca? Anima ingiusta e vile,
 avea sete del sangue
 di Faramondo e ne attendea la morte
 ma non da te. L’onor tu mi togliesti
355de la vendetta e tu m’accresci i mali
 col vendicarli. Ah iniquo,
 più d’ogni offesa un tuo favor m’irrita.
 L’hai tolta ad un amico,
 a chi t’abborre ancor togli la vita.
 GERNANDO
360De l’ira tua... Ma qual rumore? O sorte!
 ROSIMONDA
 Faramondo ancor vive?
 GERNANDO
 Qual mia stella maligna il tolse a morte?
 
 SCENA XIV
 
 FARAMONDO con seguito e detti
 
 FARAMONDO
 Sino ad ora, Gernando,
 tu mi credesti o prigioniero o estinto.
365Altrimente il destino
 di noi dispose. Illeso
 trassi il piè da l’insidie. Han vinto i miei.
 Rosimonda, la reggia,
 tutto è in mia mano e prigionier tu sei.
 ROSIMONDA
370Che potrà far?
 GERNANDO
                              Fuggan gli Svevi; ancora
 resta a vincer Gernando.
 FARAMONDO
 Solo a che impugni inutilmente il brando!
 Ma vedi; assai diverso
 è ’l mio core dal tuo.
375Tu mi volesti esangue ed io ti salvo.
 Vanne, libero sei; per te non cesso
 d’esser qual fui; tu m’odia, io son lo stesso.
 ROSIMONDA
 Generoso nemico.
 GERNANDO
 Addio, core infedele. Accetto il dono,
380sol per farti pentir del tuo perdono.
 
    Verrò, crudel, verrò;
 di quel cor punirò
 l’infedeltà;
 
    e alor farò, sleal,
385che ’l gran dolor tu senta
 d’aver data a un rival
 la libertà.
 
 SCENA XV
 
 ROSIMONDA e FARAMONDO
 
 FARAMONDO
 Rosimonda, ecco il primo
 testimon del mio duol. Libera sei.
390Con la tua libertà quella ti rendo
 di questa reggia. Al genitor Gustavo
 fia reso il tolto; e quando
 che oprar per te più non mi resti, il mio
 sangue verrò ad offrirti. Al tuo riposo
395forse inutil non fia.
 ROSIMONDA
 (Ah che più non lo speri, anima mia!)
 Faramondo, il destino
 tua nemica mi rese. Il giuramento
 mi confermò. Voglio il tuo sangue. A Sveno
400lo devo e i doni tuoi
 non bastano a cangiarmi. O dio! Più tosto
 stringi le mie ritorte.
 Se mi fai più infelice, io son più giusta.
 Se mi se’ più nemico, io son più forte.
 FARAMONDO
405Serba pur l’odio tuo.
 Col darti libertà placar nol tento
 né ti chiedo pietà. Bastami solo
 che tu vegga il mio duolo.
 Maggior tel mostrerei; ma temo in dirlo
410farmi più reo. M’impone
 un sì giusto timore
 ch’io t’asconda il piacer d’un mio tormento.
 ROSIMONDA
 (O Sveno! O Faramondo! O giuramento!)
 FARAMONDO
 Rosimonda, io ti lascio.
415Agli occhi tuoi troppo funesto io sono.
 Addio. L’ultimo istante
 questo forse sarà che tu mi vedi
 o tornerò ma per morirti a’ piedi.
 
    Verrò a prender, volto amoroso,
420le tue leggi, sol per placarti.
 
    Sarai fiero, sarai sdegnoso;
 e pur solo fia ’l mio conforto
 spirar l’alma nel rimirarti.
 
 SCENA XVI
 
 ROSIMONDA
 
 ROSIMONDA
 Qual nemico m’han dato in Faramondo
425Sveno e gli dei? Promessa
 questa vittima è a Dite.
 La sua virtù può meritar che ’l pianga,
 non che ’l risparmi. Il giuramento è dato.
 Si può vincer un cor ma non il fato.
 
430   Ho da versar quel sangue
 e poi da sospirar.
 
    Che fato avverso è ’l mio?
 Far voti al ciel degg’io
 per più penar.
 
 Bosco situato fra ’l campo e la città.
 
 SCENA XVII
 
 GUSTAVO e CLOTILDE con guardie
 
 GUSTAVO
435Sì, Clotilde, il mio seno
 han preso a lacerar due vari affetti,
 d’odio per Faramondo,
 d’amor per te. Quello il vuol morto e questo
 te salva e mia. Non sono
440più per te quel Gustavo. Assai diverso
 m’ha reso il tuo coraggio e ’l tuo sembiante.
 Mi temi re? Non disprezzarmi amante.
 CLOTILDE
 Se lusinga d’amor rattenne il colpo,
 la vittima involata
445ritorni a l’ara. Amor, che d’odio è figlio,
 si conformi al natal, segua il suo istinto.
 Gustavo, in me ti addito
 la metà di quel cor che brami estinto.
 GUSTAVO
 Non t’abusar, Clotilde,
450de l’amor mio; ti fia più caro il dono
 de la tua vita e temi
 di tornarmi a irritar dopo un perdono.
 CLOTILDE
 Serba l’amore o torna a l’odio; hai preso
 un’alma ad espugnar troppo costante.
 GUSTAVO
455Clotilde, il so; disprezza
 il genitor chi è già del figlio amante.
 CLOTILDE
 E chi non sa, Gustavo,
 le scambievoli fiamme?
 GUSTAVO
                                              Adolfo t’ami.
 Egli è suddito e figlio,
460io padre e re. Mi cederà il tuo core,
 e alora...
 CLOTILDE
                   E alora a sdegno
 avrò il figlio egualmente e ’l genitore.
 
 SCENA XVIII
 
 TEOBALDO, poi ADOLFO, e li suddetti
 
 TEOBALDO
 O suo disegno o suo destin qui ’l tragga,
 da la città poc’anzi uscito, i suoi
465Faramondo precede;
 né troppo è lunge.
 GUSTAVO
                                    Il mio crudel nemico?
 Su d’intorno, o guerrieri,
 chiudete il varco. Al teso aguato ei cada.
 Pietoso il cielo e giusto
470qui me l’invia. Teobaldo
 guidi al campo Clotilde. E tu m’attendi
 col fatal teschio. Intanto
 nemico e amante a più temermi apprendi. (Entra nel bosco co’ suoi)
 CLOTILDE
 O dei!
 ADOLFO
               Clotilde.
 CLOTILDE
                                 Adolfo, ah tu mi salva
475Faramondo il germano.
 ADOLFO
 So che far deggio.
 TEOBALDO
                                   In lui tu speri invano.
 CLOTILDE
 
    Parto lieta su la tua fede
 e ’l tuo amore mi fa costanza;
 
    se mi amate, non ingannate,
480care labbra, la mia speranza.
 
 ADOLFO
 Cor mio, tutto si tenti.
 E chi serve in amor nulla paventi. (Entra nel bosco)
 
 SCENA XIX
 
 FARAMONDO, poi GUSTAVO e ADOLFO
 
 FARAMONDO
 Fra quest’ombre selvagge
 sol mi lasciate alquanto. I foschi orrori
485par che facciano invito a’ miei dolori. (Lasciati in lontano i suoi soldati, egli va a sedere a’ piedi d’un albero)
 
    Augelletti, che volate
 di fronda in fronda,
 chi è di voi che mi risponda?
 
    Ah ’l piacer voi mi negate
490del vostro canto,
 perché ’l mio non è che pianto!
 Pianto è sol che ’l cor m’inonda. (Esce Gustavo dal bosco e con ferro ignudo si avventa improviso alla vita di Faramondo. Adolfo lo rattiene ponendosi innanzi di lui. Ed intanto accorrono alla difesa di Faramondo i di lui soldati ch’erano in lontano)
 GUSTAVO
 Questo acciaro.
 ADOLFO
                               Ti arresta.
 GUSTAVO
 Chi me rattiene?
 FARAMONDO
                                  E chi me insulta?
 ADOLFO
                                                                    Il ferro
495brami immergerli in sen? La strada è questa.
 GUSTAVO
 Tu Adolfo?
 ADOLFO
                       In lui difendo
 la tua gloria, signor. Un tradimento
 vendicarti non dee del suo valore.
 FARAMONDO
 Amico Adolfo.
 GUSTAVO
                             Figlio traditore.
500Aimè! Già d’ogn’intorno
 lo circondano i suoi. Fatto è periglio
 ciò che sperai trionfo. Iniquo figlio! (Adolfo gettandosi allato del padre)
 ADOLFO
 Faramondo, abbastanza
 scudo ti fui. Più non se’ solo. Or l’armi
505volgo in altr’uso; e se feroce insulti
 il regal padre, io lo difendo.
 FARAMONDO
                                                     Adolfo,
 né ingrato a te né a lui nemico io sono.
 Il fui purtroppo. A te, Gustavo, ho tolta
 una corona e a te la rendo. Feci
510Rosimonda cattiva; ella è già sciolta.
 GUSTAVO
 Tu mi rendi, crudel, ciò che ben tosto
 tormi i’ potea. Se ’l fai costretto, è ’l dono
 necessità, se volontario, è tema.
 De’ mali miei col sangue
515risarcir tu mi devi. Eterna guerra
 ti giura l’odio mio.
 Struggerò il nome franco,
 desolerò i tuoi regni,
 vedrò tronco il tuo capo; e Rosimonda
520ne sarà il prezzo. E tu, infedel, più padre
 non mi sperar. Dagli occhi miei per sempre
 ti allontani il tuo fallo.
 Temi il divieto; e se dal duro esiglio
 vuoi far ritorno a un padre,
525con quel capo a lui torna; e sarai figlio.
 
 SCENA XX
 
 FARAMONDO e ADOLFO
 
 ADOLFO
 Barbara legge!
 FARAMONDO
                              Il mio crudel destino
 tutto in me non si stanca.
 Si sparge anco ne’ miei. Tu del suo sdegno
 non farti reo. Lascia d’amarmi; è giusto
530l’odio che chiedo. Io l’uccisor di Sveno,
 il distruttor de le tue terre io sono.
 Dammi, Adolfo, la morte,
 o nemico in vendetta o amico in dono.
 ADOLFO
 Signor, da la tua vita
535pende la mia. Clotilde
 ne ha in ostaggio il mio cor.
 FARAMONDO
                                                     Misera! O quanto
 le toglie ne’ suoi ceppi iniqua sorte,
 se te le toglie. Io per lei temo il cieco
 impeto di Gustavo.
 ADOLFO
540Io più ’l suo amor. Ma le sarò di scudo.
 Tornerò, Faramondo.
 FARAMONDO
 E ’l divieto?
 ADOLFO
                         Nol temo.
 FARAMONDO
                                             Il re?
 ADOLFO
                                                          M’è padre.
 FARAMONDO
 Ira è crudel.
 ADOLFO
                          Natura
 può disarmarla.
 FARAMONDO
                                Il rischio...
 ADOLFO
545A Clotilde si torni e amor nol cura.
 
    Mor la vita senza il core;
 more il cor senza il suo bene.
 
    Ho la vita ove ho l’amore;
 senza amor non ho che pene.
 
 SCENA XXI
 
 FARAMONDO con guardie
 
 FARAMONDO
550Da l’esempio del tuo l’amor che ho ’n seno
 ad esser forte impara.
 Ite, o guerrieri. Altrove
 mi chiama il fato. Entro a le tende in breve
 ne attendete il ritorno.
555Pace si renda e libertade a’ Cimbri.
 Solo io parto, ad ognuno
 vieto il seguirmi. E se nemica stella
 mi vorrà morto, a l’amor vostro i’ chiedo,
 che a l’autor si perdoni e a l’alma esangue
560diate omaggio di pianto e non di sangue. (Partono le guardie)
 
    Piacer, che l’affanno
 mi tempri nel sen,
 sei speme od inganno?
 Sei raggio o balen?
 
565   Va’ pur; non t’ascolto
 bugiardo o fedel.
 Se speri, se’ stolto,
 se inganni, crudel.
 
 Ballo di schiavi cimbri che con catene alla mano festeggiano alla lor libertà.
 
 Fine dell’atto primo